La risposta emotiva ad un evento catastrofico. La mia esperienza con il terremoto di Amatrice del 2016.

Il 24 agosto del 2016 ero vicinissima al terremoto che colpì Amatrice e le zone limitrofe.

Mi trovavo nelle Marche, a non troppi chilometri da li, erano circa le 4 di notte e stavo dormendo in questa bellissima casa; ero in vacanza con delle amiche, e all’improvviso tutto è cambiato.

Come accade per tutti i traumi, anche in questo caso c’è un prima e un dopo: fino ad un secondo prima era vacanza, un secondo dopo è stata minaccia, paura, impotenza, incertezza.

È stato inaspettato e spaventoso: siamo scese velocemente dalle scale, in pigiama, con il terrore negli occhi e nel sangue.

E così è stato per ore: scosse continue, la terra continuava a tremare.

Come avviene il trauma?

Trauma deriva dal greco e significa “ferita”, ed è esattamente questo ciò che si sente: una ferita, profonda e improvvisa, inaspettata.

Alcuni approcci psicologici definiscono due tipi di traumi:

  1. quelli con la “t” minuscola ossia quelli considerati meno intensi a livello di percezione di pericolo,
  2. quelli con la “T” maiuscola cioè quelli che vengono percepiti come una forte minaccia per la propria vita.

Il terremoto viene considerato un Trauma con la T maiuscola, anche se la reazione che ognuno ha può essere diversa: c’è chi riesce a riprendersi in tempi più o meno brevi, e chi al contrario ne risente per molto tempo in modo invalidante.

Le mie amiche avevano dei bambini piccoli quindi il giorno dopo rientrammo a casa. Io tornai nello stesso posto pochi giorni dopo: volevo riprendere le mie cose e stare un pò con gli amici che vivevano li.

Ricordo che in quelle notti non riuscivo a dormire: sentivo la stanza tremare e, per quanto le scosse stessero effettivamente continuando, non erano sempre così forti da tenere svegli. Ma questo era ciò che accadeva a me: la percezione era quella delle scosse forti.

Questo è un effetto del distress psicologico causato dal trauma: vivere come se fosse sempre quel momento, anche se non lo è.

Quali sono i fattori di rischio?

Sicuramente essere esposti alla causa per più tempo, nel caso del terremoto, essere vicini all’epicentro, l’essere soli in quel momento, non trovare una “soluzione” al rischio.

Quali possono essere le reazioni?

Le reazioni tipiche di fronte ad un trauma sono essenzialmente 4:

  • attacco
  • fuga
  • congelamento
  • affiliazione

Attacco e fuga fanno riferimento alla reazione (per esempio la rabbia) nel primo caso e all’evitamento nel secondo caso.

Il congelamento, detto anche freezing, consiste in una vera e propria paralisi: il pericolo immobilizza, ghiaccia, rendendoci incapaci di compiere qualunque azione. In natura, il freeezing è un comportamento autoconservativo perché lo stare immobili per gli animali è un modo per evitare che il predatore attacchi.

Un po’ in contrasto con le teorie che sostengono che il trauma crea disordine, il fenomeno dell’affiliazione sostiene, al contrario che in situazioni di trauma simili al terremoto, le persone cerchino altre persone e luoghi conosciuti perché questi rappresentano punti di riferimento saldi.

Le persone che affrontano una tragedia così grande, in genere attraversano 3 fasi:

  1. lo shock iniziale che crea confusione e disorientamento;
  2. l’impatto emotivo che può generare anche reazione fisiche e disequilibrio (io per esempio non riuscivo a dormire);
  3. fronteggiamento che è l’ultima fase in cui si cerca di capire e far fronte alla situazione usando tutte le risorse a disposizione.

Quando il trauma diventa patologico?

Si può parlare di patologia quando le reazioni emotive sono molto intense e durature, al punto da impedire all’organismo di reagire e fronteggiare il problema.

In questo caso si parla di Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD – Post Traumatic Stress Disorder).

Da cosa è caratterizzato il PTSD?

La persona tende a rivivere quotidianamente l’evento, più volte al giorno; il sonno è interrotto da incubi e sogni ricorrenti; insonnia, irritabilità, stato di ipervigilanza costante come se ci si trovasse sempre nello stato di allarme, perdita della concentrazione, flashback delle scene vissute, a volte depersonalizzazione; amnesie selettive rispetto ad alcuni fatti relativi all’accaduto (evitamento).

PTSD: Come si può intervenire?

Prima di tutto è necessario ricordare che è fondamentale un intervento e un aiuto specifico. Agire con un supporto tempestivo significa aiutare l’elaborazione dell’accaduto e stimolare la riacquisizione degli strumenti necessari a riprendere una vita il più vicino possibile a quella normale, oppure ad affrontare la nuova situazione di vita.

Il primo contatto prevede una fase di accoglienza e supporto in cui la persona possa sentirsi compresa: le sensazioni che si provano in quel momento devono essere normalizzate, quindi è importante capire che la paura è una reazione sana e normale.

Le fasi del recupero e del sostegno possono essere diverse in base a come reagisce ogni singola persona e in base ai bisogni che questa evidenza. La cosa importante è non sottovalutare le reazioni e il bisogno di accoglienza e comprensione.