Alimentazione scorretta e pandemia: in lotta con il proprio corpo

In questi ultimi mesi di pandemia è frequente leggere del dilagare di problemi legati a un’alimentazione scorretta

Questi disturbi non colpiscono fasce di età specifiche ma riguardano tutti noi: dai più grandi ai più piccoli, anche i bambini. 

L’inutilità del divieto rigido

Spesso si cerca di porre rimedio a queste abitudini attraverso diete e regimi alimentari rigidi che, anziché stimolare l’apprendimento di uno stile di vita sano, non fanno altro che protrarre queste abitudini alimentari scorrette.
Queste diete infatti difficilmente funzionano. 

Oscar Wilde diceva: “Niente è più irresistibile di un divieto da trasgredire”.
Più si reprime una cosa che si desidera, più questa cosa si farà avanti con forza. 

Quindi, se applichiamo questo principio al cibo, il primo modo attraverso cui fallire nel progetto della dieta è quello di vietarsi alcuni cibi.

Con il divieto rigido infatti iniziano una serie di reazioni a catena da cui è difficile svincolarsi e di cui difficilmente si è consapevoli. La prima tra tutte è che il successo ottenuto in poco tempo e con grandi sacrifici verrà vanificato in breve tempo.

L’inganno dei risultati effimeri

Ottenendo un grande risultato in poco tempo la percezione di controllo non corrisponde alla realtà. In questo modo si torna ad assumere un’alimentazione scorretta nell’illusione di poter rimanere come si è, oppure di ricominciare la dieta dal giorno dopo, senza riprendere davvero mai. 

Le conseguenze di questa alimentazione scorretta

Il risultato che si osserva in queste situazioni è di completo abbandono di fronte al fallimento. Pur di non affrontare le frustrazioni ci si lascia andare e si soccombe a tutte le tentazioni. 

Questo è un atteggiamento che si riscontra nel rapporto con il cibo, ma si riferisce ad un comportamento generalizzato nei confronti della vita. La non assunzione di responsabilità è infatti il moto principale di questo atteggiamento. 

La responsabilità al centro

Come detto, l’atteggiamento demotivato può riguardare vari aspetti della vita: lavoro, studio, sport e cibo. 

Nella convinzione di non riuscire o di non voler sopportare “il sacrificio”, non si affronta altro se non le cose più semplici. Così ci sembra più facile non interessarci a nulla, almeno in apparenza.

Ascolta al posto di reprimere 

Quale può essere una soluzione per riprenderci un po’ di responsabilità verso questo atteggiamento demotivato o verso comportamenti rigidi? 

La prima cosa che in genere mi sento di dire è: se ti concedi quel cibo, quello sgarro, quella cena, allora puoi anche rinunciare. 

Questo perché ci si dà la possibilità di entrare in contatto con il proprio desiderio e  di esaudirlo, e questo lo rende possibile e non proibito.

Entrare in contatto con il desiderio significa imparare ad ascoltare il corpo: sentirne le esigenze, i limiti, i bisogni, le difficoltà.

Spesso il rapporto con il cibo va ben oltre l’ascolto di noi stessi e rientra quasi esclusivamente nel mondo delle emozioni. Farsi coinvolgere da queste impedisce di prendere contatto con ciò di cui veramente si sente la necessità.

La facilità con cui oggi possiamo provvedere alla soluzione dei problemi “fisici” ha portato a disimparare all’ascolto.

Darsi il tempo di ascoltare come sta il nostro stomaco aiuta a decidere cosa e quanto ingerire, al di là di cosa è prescritto in una dieta (o nella nostra idea di dieta).

Si tratta di promuovere le sensazioni che il corpo prova, anziché reprimerle. Ascoltare e accogliere i bisogni, per poi dare loro una direzione.

E questo è l’esatto opposto del controllo duro e senza equilibrio.