“Devo essere forte”. Quando la convinzione influenza la nostra vita.

La biologia della convinzione

Parlare e lavorare con i pazienti spesso diventa fonte di apprendimento e conoscenza.
In tutti questi anni di lavoro, ho appreso che spesso le persone si ingabbiano in convinzioni senza conoscerne il motivo e senza trarne benefici.
Per lo più si tratta di convinzioni imperative, tiranniche, che la maggior parte delle volte deviano rispetto alla consapevolezza di sé e dei propri bisogni.
Le prime esperienze condizionano l’atteggiamento del corpo nei confronti del mondo e determinano le convinzioni inconsce di una persona su sé stessa in relazione al mondo.

Questo è ciò che Bruce Lipton, biologo molecolare all’Università di Standford, chiama “la biologia delle convinzioni”.
Lipton ci insegna anche che l’esperienza e il potenziale degli esseri umani rendono la biologia delle convinzioni non irreversibile, benché molto radicata da punto di vista fisiologico.
La biologia delle convinzioni si inculca all’inizio della vita e influenza in modo determinante la nostra risposta allo stress durante tutta la vita.

Come funziona la biologia delle convinzione?

Queste convinzioni sono per la maggior parte inconsce e sono radicate a livello cellulare. Controllano i nostri comportamenti, indipendentemente da ciò che possiamo pensare e volere a livello razionale.

Una delle classiche convinzioni è “devo essere forte!
Spesso capita di sentire pazienti che, in modi diversi, si ripetono: “devo essere forte!”
Questo imperativo però sopraggiunge senza darsi la possibilità di capirne veramente il significato.

Un esempio

Se ti capitasse di vedere una persona debole alzare 150 kg, cosa penseresti?
Probabilmente che quel peso è fuori dalla sua portata, che è pazza, che la richiesta che sta facendo a se stessa è assolutamente impossibile.
Il fatto che questa persona non riesca ad alzare quel peso non significa che sia debole, ma che la richiesta fatta a se stessa è davvero esagerata.

A cosa serve pensare di potere essere forti?

Spesso questa convinzione ha origine nell’infanzia: un bambino che percepisce di non poter essere sostenuto impara che deve essere forte per evitare di essere rifiutato.
Il processo è: “se sono forte non chiedo e se non chiedo evito di essere rifiutato”.
Quindi in realtà non è un atteggiamento di potere e forza, ma il risultato di sofferenza e di mancanza di potere.

La mia esperienza da psicoterapeuta

Troppo spesso sento i miei pazienti dedicare compassione e comprensione agli altri e poca a sé stessi.

Di pari passo al devo essere forte”, sento spesso dai miei pazienti la frase “devo affrontare ogni cosa”, convinzione simile ma non uguale.
Il posso affrontare ogni cosa” ha a che fare con la possibilità – spesso dimenticata – di sentirsi abbastanza.
Questo non significa giustificare ogni comportamento e nemmeno non darsi la possibilità di migliorare; semplicemente implica la possibilità di valutare il proprio percorso e sentirlo in linea con sé stessi, anche se modificabile e sempre migliorabile.
Che male c’è a non essere sempre forti? A sentirsi abbastanza? A sentire la soddisfazione per quello che si è fatto, anche se in maniera imperfetta?

Qualche consiglio

Prova a fermarti ogni tanto e chiediti: dove sto andando? Quello che sto facendo mi rende felice? Sono soddisfatto o mi sento solo e frustrato?
Ci sono molti modi per scoprire la nostra capacità di essere liberi, ma ciò è possibile solo se permettiamo a noi stessi di liberarci da alcune condizioni apprese e sedimentate.

Consiglio spesso ai miei pazienti di prendere un post-it del colore e della misura che vogliono (meglio se visibile) e di scrivere a caratteri grandi “IO SONO ABBASTANZA”, appendendolo al frigorifero.
Ogni volta che lo leggerai, ti aiuterà a capire che ti stai impegnando e che non si può essere diversi da ciò che si è.