Disturbi del comportamento alimentare: una giornata per informare e supportare

Cosa è la giornata del fiocchetto lilla?

Il 15 marzo è la Giornata del Fiocchetto Lilla, riconosciuta a livello nazionale come la giornata contro i disturbi del comportamento alimentare (DCA).
Questa ricorrenza ha origine in America e rappresenta da più di 30 anni la lotta contro i DCA.

In Italia è stata sancita istituzionalmente dalla Presidenza del Consiglio il 19 giugno del 2018 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n.140 del 19.06.2018) con lo scopo di sensibilizzare e informare sulle cause e sugli effetti dei DCA nell’individuo e nella famiglia.
Il Fiocchetto è simbolo di lotta, aggregazione, supporto e rispetto. È uno strumento per restituire voce e dignità, per costruire una nuova cultura, per non dimenticare chi non ce l’ha fatta, per supportare chi ne soffre e le famiglie coinvolte.

Fino a 50 anni fa, pochi medici conoscevano il significato del disturbo del comportamento alimentare, quale anoressia, bulimia, binge eating, night eating syndrome, pica, ortoressia, ecc.
Oggi invece non passa mese senza che qualche rivista femminile dedichi un articolo ai disturbi alimentari.

Si tratta di “un’epidemia” – parola ormai nota – o fa tutto parte della cultura, del cambiamento femminile, della logica dell’immagine e della pubblicità?
Credo sia difficile fare una netta distinzione; di fatto oggi assistiamo ad un aumento dei casi, ma anche ad una migliore capacità di fare diagnosi – anche precoci – e fortunatamente possiamo dire di conoscere le caratteristiche principali di queste patologie.

Alcuni dati in merito ai disturbi alimentari

Secondo la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA), in Italia i DCA colpiscono ogni anno 8.500 persone.
Otto-nove donne su 100.000 si ammalano di anoressia e 12 di bulimia. Tra gli uomini i nuovi casi di anoressia sono 0,02-1,4 ogni 100.000 persone e i casi di bulimia sono circa 0,8.

In generale, tutti i disturbi dell’alimentazione sono più frequenti nella popolazione femminile che in quella maschile: negli studi condotti su popolazioni cliniche, gli uomini rappresentano il 5-10% di tutti i casi di anoressia nervosa e il 10-15% dei casi di bulimia nervosa.

Consideriamo che si tratta di numeri legati a casi trattati a livello ambulatoriale o ospedaliero, quindi sono numeri in difetto, nei quali non rientrano ospedalizzazioni eseguite anche per altri motivi o tutti i casi che rimangono silenti.

Come vengono definiti i DCA?

Il DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) – la referenza principale per gli operatori della salute – nella sua ultima edizione pubblicata nel 2013 dall’American Psychiatric Association, definisce così i disturbi alimentari:

“I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

Pertanto, si tratta di modalità di assunzione del cibo che compromettono lo stato di salute fisica e la vita del soggetto da diversi punti di vista: fisico, sociale, familiare.Ma non si tratta di deficit che riguardano solo l’assunzione del cibo: i DCA colpiscono le emozioni, la cognizione ed il rapporto con il corpo.

Quali sono i disturbi alimentari più diffusi?

Il DSM-5 include le seguenti categorie diagnostiche, di cui le prime tre riguardano soprattutto i disturbi della nutrizione dell’infanzia: pica, disturbo da ruminazione, disturbo da evitamento\restrizione dell’assunzione di cibo, anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata, disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con specificazione, disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione.
Non rientra l’obesità, che da molti viene invece considerato un disturbo molto grave e rientrante nei DCA.

Qual è l’età di insorgenza?

Senza entrare nello specifico dei diversi DCA, queste patologie si manifestano prevalentemente tra i 12 e i 25 anni, con un picco di pericolosità che va dai 15 ai 19 anni.
Negli ultimi tempi però la fascia di insorgenza si sta sempre più allargando: da un lato scende in modo preoccupante – tanto che si può parlare di “baby anoressia” per bambini anche di 8\9 anni – dall’altro si innalza notevolmente fino a colpire donne oltre i 40 anni e in menopausa (dati forniti dall’Osservatorio dell’ISTAT).

Quali sono le cause dei disturbi alimentari?

I DCA sono ormai riconosciuti come patologie a genesi multifattoriale: biologico, fisiologico, sociale, psicologico e familiare.
Per esempio, dal punto di vista biologico riguardano di più le donne in giovane età, mentre dal punto di vista psico-sociale colpiscono maggiormente i paesi occidentali (quindi Europa, USA, Canada e Giappone, presentano dati epidemiologici simili).

Dal punto di vista familiare, alcune ricerche hanno scoperto che le parenti donne di chi soffre di anoressia hanno 11,4 volte più probabilità di soffrire di anoressia rispetto alle parenti delle partecipanti non colpite.Le parenti di chi soffre di bulimia invece hanno una probabilità di sviluppare la bulimia di 3,7 volte superiore a quella di chi non ha parenti affetti.

Come puoi riconoscere un DCA?

Un disturbo del comportamento alimentare non si riconosce solo attraverso l’osservazione, ma è necessario prestare attenzione anche ad altri importanti atteggiamenti e pensieri spesso invasivi, come:

  • l’eccessiva preoccupazione di essere o diventare grassi;
  • una percezione corporea negativa e spiacevole, che è spesso fonte di senso di inadeguatezza ed insicurezza;
  • una eccessiva attenzione al cibo;
  • la tendenza al ritiro sociale e la tendenza a mentire rispetto alle quantità di cibo ingerite (sia in aumento che in diminuzione);
  • la tendenza ad alimentarsi solo con alcune tipologie di cibo;
  • un aumento incontrollato dell’attività fisica o un eccessivo interesse verso la cucina (per poi non mangiare nulla di ciò che si cucina).

Come curare i DCA?

Purtroppo, chi soffre di DCA generalmente evita di chiedere aiuto. Se si tratta di persone giovani, spesso non ne riconoscono il bisogno, temono di dover cambiare abitudine, nascondono la verità ai familiari.
Nel caso di bambini invece i familiari si illudono di poter far da soli e di riuscire a superare il problema in autonomia.

Decidere di rivolgersi ad un professionista è già un enorme passo avanti: prima viene presa questa scelta, più probabilità abbiamo di ottenere una prognosi positiva. Infatti, come per altre patologie, anche nel caso di disturbi alimentari non è solo la gravità a portare esiti negativi, ma soprattutto la cronicità.

L’approccio e il trattamento più utili sono spesso quelli multidisciplinari che coinvolgono varie figure: psicoterapeuta, nutrizionista e all’occorrenza un medico. L’intervento è più incisivo se rivolto alla persona interessata e alla famiglia, soprattutto se si tratta di bambini o adolescenti.

Come può aiutare la Terapia della Gestalt?

Fritz Perls, uno dei padri fondatori della Terapia della Gestalt, si preoccupò di combattere l’alienazione del corpo e di considerare mente e corpo come un’unica entità indivisibile. Troppo spesso si parla in terza persona quando ci si riferisce al corpo, come se fosse un’entità estranea.

Uno dei miei grandi interessi è proprio quello di partire da qui, permettendo alle persone di riappropriarsi del corpo, non solo in caso di benessere, ma soprattutto in caso di malattia. Il corpo va rispettato, non temuto. Può essere “utilizzato” sapendo che si può contare su di lui e sul suo funzionamento.

Spesso, il disturbo di alimentazione è il miglior adattamento creativo – come viene definito in Gestalt – per far fronte alla complessità della società, ai mutamenti delle relazioni familiari, alle richieste esterne di bellezza, fitness, chirurgia estetica, rincorsa alla perfezione.
l corpo diventa il progetto attraverso cui esprimere e ribadire la propria soggettività. Di conseguenza, il cibo rappresenta lo strumento attraverso cui intervenire sul corpo e sulle relazioni: il pasto diventa spesso fonte di ansia e\o fonte di conflitto, non solo interno, ma anche esterno – con i genitori per esempio – e questo scambio cristallizza il conflitto.
Il cibo diventa arma di scambio, di “ricatto”, di rivalsa, di attenzione, di rifiuto del nutrimento. Ecco quindi che in Gestalt cibo e corpo sono il linguaggio per gridare al mondo il bisogno di contatto.

A livello di intervento, credo sia importante favorire la costruzione di grounding interno, che significa apprendere l’auto-sostegno, imparare a riconoscere il proprio corpo, imparare a riconoscerne i limiti, le necessità, ma anche imparare a riconoscere le emozioni. Credo sia importante iniziare a riconoscere lo sforzo che la persona compie ogni giorno per affermare la propria identità.
Questo è il primo grande passo per legittimare la fatica e la persona stessa.


Bibliografia

  • Gandin C, Mastrobattista L, Minutillo A, Mortali C, Mortali G, Romano G, La Sala L e Pacifici R. Il progetto Manual “la MAppatura territoriale dei centri dedicati alla cura dei Disturbi della NUtrizione e dell’Alimentazione, in supporto alle Azioni Centrali del Ministero della Salute”. Not Ist Super Sanità 2020;33(1):11-14
  • G. Francesetti, M. Gecele, J. Roubal “La psicoterapia della Gestalt nella pratica clinica. Dalla psicopatologia all’estetica del contatto” Ed. Franco Angeli
  • A. Schnake “I dialoghi del corpo. Un approccio olistico alla salute e alla malattia” Ed. IBS.It
  • F. Perls “L’Io, la fame, l’aggressività” Feltrinelli
  • Dati Isitituto Superiore di Sanità
  • www.coloriamocidililla. wordpress.com
  • Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n.140 del 19.06.2018