Terapia online: una novità che esiste dagli anni ’50

Oggi parliamo di un tema piuttosto ricorrente nel mio ambiente, soprattutto in questo periodo di pandemia: la terapia online.
É una modalità che io uso da anni ma che, soprattutto in Italia, si sta scoprendo adesso, con l’arrivo Covid.

Di cosa si tratta?

Esistono diverse forme di Ebt&I (Electronic-Based Therapy & Intervention) ed esistono da diverso tempo. Si tratta di tecniche che possono essere rivolte per esempio a connazionali residenti all’estero, che desiderano fare le sedute nella propria lingua; persone che non possono muoversi o che, semplicemente, trovano più comodo o agevole confrontarsi con lo psicologo, usando la tecnologia.

La mia esperienza come “terapeuta digitale”, per esempio, mi ha portata negli anni a conoscere cittadini italiani nel mondo, oppure persone che per diversi motivi, non possono muoversi da casa.

Di fatto, la terapia online si colloca nell’area della e-health e e-therapy, ossia nell’impiego di tecnologie al fine di promuovere la salute e il benessere, nella cura e nella prevenzione.

Come si svolge una seduta online?

Le persone coinvolte sono sempre le stesse: paziente e terapeuta che si accordano rispetto ad un giorno e un orario e, anziché trovarsi sulla comoda poltrona in studio, si incontrano attraverso Skype (o simili), videochiamata o telefono.

Rispetto a tempo fa, oggi la semplice telefonata viene utilizzata meno, ma non ne è esclusa la possibilità: c’è ancora chi non si sente a proprio agio nella videochiamata e preferisce usare il telefono, magari in macchina, la mattina presto prima di arrivare al lavoro.

Quali sono le differenze in termini di risultati?

A parte le differenze che ogni persona può sperimentare – c’è chi si trova a proprio agio e chi no – vantaggi e svantaggi, limiti e potenzialità, sono studiati da almeno 20 anni (forse anche di più) e questo rende evidente che non si tratti di una novità lanciata dal Covid.

Dal punto di vista etico e professionale, le regole che si devono rispettare in studio sono le medesime che si rispettano in una terapia online e a questo proposito gli ordini della nostra professione sono abbastanza chiari.

Prima ancora, lo è stata la American Psychological Association con l’apposita guida per la terapia online (Guidelines for the practice of telepsychology).

Quindi, in termini di risultati, se mi baso sulla mia esperienza, mi sento di dire che il risultato è legato soprattutto alla presenza intesa come “l’esserci” e al lavoro che terapeuta e paziente decidono di svolgere insieme, esattamente come accade in studio.

In tempo di pandemia da Covid-19, fare terapia in presenza a due metri di distanza e con la mascherina, spesso risulta stressante, sia per il paziente che per il terapeuta; d’altra parte, per chi è a casa non è sempre semplice trovare un posto tranquillo in cui sentirsi liberi e a proprio agio.

Quindi, per qualcuno potrebbe essere difficile pensare di poter stare in questa nuova dimensione online, altri invece stanno sfruttando la situazione per scoprire un nuovo ritmo, un nuovo “chi sono io in questo ambiente”.

Di fatto, la dimensione online esisteva già negli anni ‘50 con il telefono.

Cosa possiamo fare per “adeguarci”?

Pensando che non facciate parte del gruppo di persone che vive all’estero o che ha buona confidenza con lo schermo, come fare per entrare in sintonia con un “nuovo” strumento?

Io credo che nelle situazioni non conosciute può sempre tornare utile la metafora dell’elastico: allungarsi per poi, eventualmente, tornare ad essere e fare come prima; adattarsi per poi tornare.

La terapia online è uno strumento, può diventare un’opportunità e può anche diventare materiale su cui lavorare in seduta in presenza.

Non dimentichiamo infatti che, nella seduta online, vediamo l’ambiente in cui l’altro vive: questo può accorciare le “distanze” e diventare materiale di lavoro.

La pandemia rientra in quelle situazioni che inevitabilmente cambiano il nostro rapporto con l’ambiente, è inevitabile quindi cambiare gli strumenti e il nostro approccio verso di essi.

Cosa può essere d’aiuto nella costruzione di una terapia online?

Fondamentalmente credo che l’aiuto arrivi dagli stessi strumenti che possiamo utilizzare in presenza, quindi per esempio: instaurare un rapporto di fiducia ed empatia, instaurare una relazione terapeutica, definire chiaramente il percorso da svolgere insieme.

Nulla di nuovo o diverso da una “normale” relazione terapeutica svolta in poltrona.

Inoltre, secondo la terapia della Gestalt è fondamentale precisare che non è importante solo ciò che il paziente racconta, ma anche come lo racconta.

Quindi diventa fondamentale osservare il viso della persona online, libero da mascherina, in un ambiente da lui conosciuto.

Non dimentichiamo inoltre che, davanti allo schermo, terapeuta e paziente vedono anche se stessi e tale processo, come insegna la teoria dei neuroni specchio, favorisce maggiore riconoscimento dell’esperienza emotiva e rafforza il lavoro autoriflessivo.

Questo avviene appunto attraverso la funzione “mirror”, ossia specchio: scrutando l’altro e se stessi, si stimola un’attivazione neuronale che permette il riconoscimento dell’altro dal punto di vista cognitivo, corporeo, motorio ed emotivo.

Per tanto tempo la psicologia e la psicoanalisi hanno pensato che il setting potesse essere solo uno, cioè quello in presenza.

Oggi io credo che non esista un luogo giusto o un luogo sbagliato, ma solo una buona relazione e una dimensione in cui il paziente possa trovarsi a proprio agio.

Far sentire a proprio agio il paziente, questo è il compito del terapeuta, ovunque siano, entrambi.

Credo che la domanda non sia più “se si possa fare”, ma “come” possiamo fare terapia online con il nostro paziente, continuando a prestare attenzione alla fenomenologia, al suo benessere e alla relazione che stiamo instaurando e curando.

Ciò che secondo me deve rimanere è il tempo: il tempo della terapia e il tempo prima e dopo la terapia.

Non può avvenire tutto velocemente, non basta un click, serve il tempo della riflessione, soprattutto dopo, un tempo per rielaborare e stare con se stessi.

Quindi, anche se siamo davanti ad un pc, se siamo in pausa dallo smart-working, è importante dedicare del tempo a noi e alla seduta appena svolta con il nostro terapeuta.

Questo aiuterà a costruire e mantenere un ground sicuro.


Fonti:

  • “Guidelines for the practice of telepsychology” American Psychological Association, 2013
  • Webinar internazionale “Psicoterapia in dialogo al tempo del coronavirus”; Istituto di Gestalt HCC Italy; Maggio 2020
  • Webinar “Psicoterapia online: nuove possibilità e adattamenti creativi”; Istituto di Gestalt HCC Italy; aprile 2020