Quali sono le difficoltà psicologiche che si possono riscontrare dopo la diagnosi di cancro?
La notizia della malattia oncologica, può essere paralizzante: il cancro stravolge la vita di chi è direttamente interessato e di chi sta vicino, il cosiddetto caregiver, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Dopo la diagnosi di cancro cambia tutto: il significato della vita e della morte, il rapporto con il corpo, il rapporto con le persone. I valori vengono vissuti su scale diverse, il fine vita si prospetta come una realtà mai considerata prima.
Di fronte a questo improvviso cambiamento, le reazioni sono numerose e disparate: rabbia, ansia, senso di impotenza, solitudine, tristezza, confusione, angoscia, paura.
I pazienti oncologici sono soggetti ad alto rischio di difficoltà psicologiche perché lo stress che si trovano a dover affrontare è molto alto: diagnosi e cure spesso debilitanti, interventi a volte mutilanti, ospedalizzazioni, dipendenza dagli altri ed enorme preoccupazione.
L’intervento non può essere svolto solo a livello fisico ma richiede anche un supporto psicologico che si prenda cura di tutti gli aspetti che legano la patologia oncologica a quella psichica sia per i pazienti, sia per i caregiver.
Una ricerca condotta nel 2011 (Mitchell et al., 2011) dimostra che la malattia oncologica porta con sé probabilità di depressione, ansia e PSTD (disturbo post-traumatico da stress).
Il malessere psicologico può esprimersi sotto varie forme e vari livelli di intensità. Interagisce in modo diretto con il dolore fisico come in un circolo vizioso: quando il secondo aumenta, aumenta anche il primo e, d’altra parte, il dolore fisico aumenta in presenza di paura, ansia e depressione. Ecco quindi che la malattia oncologica rende ancora più chiara la centralità della persona e dei suoi bisogni, fisici e psichici.
Gestire la diagnosi di tumore al seno
Simbolicamente, il seno ha molti significati e questo rende ancora tutto più complesso: fonte di vita con l’allattamento, simbolo di sessualità e femminilità, rappresenta una parte molto cara alle donne.
Dopo la diagnosi spesso iniziano le terapie e con queste numerosi altri problemi sia a livello fisico, sia a livello emotivo e psicologico: perdita dei capelli, vomito, nausea, astenia, cambiamento del corpo, aumento del peso corporeo, menopausa indotta e tutto ciò conduce a depressione, ansia, rabbia, difficoltà a vivere la propria sessualità, con successive conseguenze anche nel rapporto di coppia.
Nulla è più come prima e questo contribuisce a far cadere le certezze per il futuro: nulla sembra più essere un punto di riferimento conosciuto.
Questa è solo una parte di ciò che accade durante la prima fase, ma i problemi possono proseguire anche dopo: quando le terapie sono concluse e tutto sembra andare per il “meglio”, cambiano alcune abitudini che nel tempo erano diventate punti di riferimento stabili. Per esempio vengono meno le visite in ospedale e i contatti con altri pazienti.
Questa fase non è meno importante di quella iniziale.
Cosa fare per aiutarsi ad affrontare una vita che non sarà più quella di prima?
Io credo che sia molto importante continuare a prendersi cura di sé: l’aiuto psicologico non è utile solo nelle fasi acute, ma anche dopo!
Spesso ci si trova ad avere a che fare con un corpo diverso, ci si sente a rischio e fragili. Queste “nuove sensazioni” devono trovare il loro posto, riorganizzandosi in una vita nuova.
Isolarsi nel proprio dolore non aiuta. È più utile affidarsi all’aiuto di un professionista e, perché no, lasciarsi andare al proprio dolore anche con chi ci è più vicino.
Come affrontare un tumore? Alcune possibilità
Scrivere come affrontare una malattia, è compito arduo e comunque non esaustivo: la persona affronta la malattia in base a come è, agli strumenti che sente di poter avere, alla rete sociale, al suo stato d’animo.
Per quel che si può, ritengo sia importante seguire alcune dritte:
- Mantenere uno stile di vita simile a quello precedente. In questo modo, la malattia entra nella quotidianità e nelle “cose da fare”;
- Avere un sano stile di vita alimentare può aiutare moltissimo, anche nel cercare di far fronte a effetti collaterali quali nausea o vomito;
- Cercare di mantenere i rapporti sociali. Aiuta a condividere le difficoltà, ma anche a distrarsi;
- Seguire percorsi di rilassamento o yoga, molto utili quando le situazioni fisiche lo consentono. (A questo proposito, rimando al mio articolo su rilassamento e oncologia).
Sostegno psicologico ai malati oncologici
I processi di trattamento del malato oncologico possono essere individuali, familiari e di gruppo.
L’obiettivo è far sì che il paziente possa sentirsi meno sfiduciato e impotente.
I trattamenti possono aiutare nella riduzione dell’ansia, del senso di impotenza e sfiducia.
Si può intervenire con psicoterapia, gruppi di supporto per pazienti e caregiver, strategie di rilassamento corporeo, percorsi di psico-educazione (che includano anche moduli di formazione per aumentare la conoscenza e anche il senso di controllo del paziente).
Psiconcologia e famiglia: come comunicare la diagnosi ai figli e ai famigliari
La diagnosi di cancro sconvolge i ritmi della vita quotidiana.
Un evento come questo richiede la riorganizzazione della propria vita, quindi del tempo, della quotidianità, del rapporto con la famiglia e con i figli.
Una diagnosi di cancro ha delle conseguenze non solo sul paziente, ma anche sulla famiglia: gli equilibri di “prima” vengono spezzati dal “dopo”.
Probabilmente uno dei primi interrogativi che colpiscono i genitori è “cosa dico ai miei figli?”
A volte la reazione naturale è quella di non dire nulla, ma questo non fa altro che aumentare le tensioni e la mancanza di sostegno, indispensabili per il paziente.
Uno dei miti da sfatare è proprio quello di non comunicare la malattia ai figli (piccoli o adolescenti) per evitare di dare loro preoccupazioni o ansie.
Il cancro è una malattia che provoca dei cambiamenti che saranno comunque vissuti e visti dai figli, quindi non comunicare significa in realtà aumentare gli stati di ansia derivanti da una mancata comprensione della situazione.
Gli stili comunicativi dovranno essere diversi in base all’età dei figli ed è proprio in questo momento che può essere utile avvalersi di un supporto professionale: il genitore può sentire la necessità di capire come meglio dare la comunicazione, sia in base all’età dei figli, sia in base al rapporto esistente tra genitore e figlio.
Una volta fatta la comunicazione, è importante considerare le sofferenze dei figli: il fatto che siano piccoli o adolescenti, non significa che non abbiano preoccupazioni o paure. È quindi importante parlare anche delle loro paure.